Una linea nera attraversa un foglio di carta, descrive un muscolo nello sforzo di sorreggere un corpo intero, descrive la contrazione di un volto intento a guidare le membra verso uno stato di grazia irripetibile, verso il gesto perfetto; d’improvviso quella linea diventa un filo di metallo, si stacca dal foglio, compone la stessa anatomia, lo stesso gesto di quando era segno, conquista lo spazio come se fosse una naturale continuazione del foglio, senza pause.
Dal segno allo spazio, così le sculture di Bruno Melappioni sono concepite e realizzate, attraverso un filo continuo di ferro, che si avvolge su se stesso. La risultante di questo esercizio dimensionale è nel delicato equilibrio di figure che, nonostante siano composte soltanto nell’essenzialità dei contorni, narrano di stati d’animo con la puntualità del ritratto fisionomico. Ogni scultura, infatti, viene eseguita sulla base di un modello ripreso dal vero, affinché quei gesti siano reali e quei volti veri.
Cecilia Paolini