Quanto possono essere ancora “parlanti” le icone del passato, quelle immagini attraverso le quali si è formata la cultura, l’immaginario e, a volte, la morale collettiva?
Il significato teologico di una “Maddalena Penitente”, il valore estetico delle “Tre Grazie” rinascimentali, il potere mediatico e sociale che ha avuto “Marilyn Monroe” sono ancora parametri attraverso i quali costruiamo la cultura occidentale?
Sono icone che, radicate nella nostra mente, sono fonte di riflessione oppure sono state fagocitate dall’abuso, tipico della contemporaneità, di una comunicazione istantanea, ipertrofica, sostanzialmente visuale, ma troppo spesso eccessivamente superficiale ed efimera?
Alla base della serie “Icone dissacrate” Bruno Melappioni trasforma, con ironia, queste immagini della tradizione antica e moderna, ormai spogliate dall’iconologia che le ha generate, per farle tornare a dialogare con la gente, così da farle assurgere, di nuovo, a simbolo.
L’intento non è di irridere ai valori che tali icone incarnano, al contrario è mostrare, per contrasto, proprio quei principi che hanno perso efficacia comunicativa attraverso simboli della contemporaneità o, in alcuni casi come “Marilyn”, tramite segni quotidiani che ricontestualizzano il mito per avvicinarlo all’esperienza di vita comune.
Ecco che, dunque, santa Maddalena, che nell’iconografia tradizionale è associata al teschio che funge da “memento mori”, ora utilizza quel simbolo di caducità per tirare dei dadi da gioco; allo stesso modo una delle icone femminili di bellezza e sensualità come Marilyn Monroe, viene presentata come una casalinga, adorna di grembiale e pantofole.
Con la cifra stilistica di Melappioni, che con fili di ferro disegna lo spazio tridimensionale, queste “icone dissacrate” volgono, con ironia, l’arduo compito di testimoniare l’impellente bisogno di riflettere.
Cecilia Paolini