15 – 30 Gennaio 2013 | a cura di Cecilia Paolini | Complesso Monumentale San Salvatore in Lauro, Roma
Un filo di metallo per descrivere la tensione, mentale e corporea, atta alla ricerca dello stato di grazia, l’attimo in cui ogni gesto è perfetto, ogni pensiero essenziale. Le sculture di Bruno Melappioni, nella loro linea minimale eppure così puntuale nella specificità fisionomica, diventano metafora del sacrificio che ogni atleta, ma più in generale ogni uomo, compie per arrivare all’eccellenza.
Una linea nera attraversa un foglio di carta, descrive un muscolo nello sforzo di sorreggere un corpo intero, descrive la contrazione di un volto intento a guidare le membra verso uno stato di grazia irripetibile, verso il gesto perfetto; d’improvviso quella linea diventa un filo di metallo, si stacca dal foglio, compone la stessa anatomia, lo stesso gesto di quando era segno, conquista lo spazio come se fosse una naturale continuazione del foglio, senza pause.
Dal segno allo spazio, così le sculture di Bruno Melappioni sono concepite e realizzate, attraverso un filo continuo di ferro, che si avvolge su se stesso. La risultante di questo esercizio dimensionale è nel delicato equilibrio di figure che, nonostante siano composte soltanto nell’essenzialità dei contorni, narrano di stati d’animo con la puntualità del ritratto fisionomico. Ogni scultura, infatti, viene eseguita sulla base di un modello ripreso dal vero, affinché quei gesti siano reali e quei volti veri.
Nel prestigioso spazio espositivo del Complesso Monumentale di San Salvatore in Lauro, si è allestita una personale dedicata all’arte di Bruno Melappioni attraverso dieci opere ispirate dallo sforzo fisico delle performance atletiche: il nuoto, la ginnastica, la danza… non a caso tutte le sculture rappresentano donne: il corpo femminile, nella sua completezza capace di generare nuova esistenza, è il simbolo perfetto della forza vitale e dell’accettazione del sacrificio, stati d’animo necessari per raggiungere l’eccellenza anche nello sport.
Accanto alla serie delle atlete, tema principale della mostra, sono state esposte due sculture che invece riflettono più in generale sulla condizione esistenziale dell’essere umano e proprio per questa funzione simbolico-rappresentativa, sono state poste all’inizio e alla fine del percorso espositivo, come una sorta di geni tutelari che accompagnano il visitatore suggerendo il significato della ricerca di quello stato di grazia che soltanto attraverso l’impegno costante è possibile raggiungere: la coscienza di sé. I visitatori, quindi, venivano accolti dalla “Pensatrice”, che invita a riflettere sull’esistenza e le capacità che ognuno di noi possiede, e venivano salutati da “Greta”, che, avvolta attorno a un albero, ricorda che non ci può essere grazia ed equilibrio senza armonia con la Natura e con il mondo a cui tutti noi apparteniamo.
Nelle pareti dello spazio espositivo, invece, sono state presentate per la prima volta dieci pannelli che fanno da base per altrettante sculture bidimensionali, sempre in filo di ferro, anch’esse legate alla gestualità atletica come simbolo della ricerca del sé.
Il Filo Continuo. Di Cecilia Paolini
L’artificio è tanto più sbalorditivo quanto più nasconde, con leggerezza, il lavoro con il quale si è trasformato in artefatto. Le sculture di Melappioni si compongono di due elementi: il metallo, elemento greve e ctonio, e l’aria, intangibile e urania; l’artificio consiste nell’equilibratissima contraddizione di utilizzare il metallo per descrivere l’inconsistenza delle azioni e dell’espressività, lasciando all’incorporea aria il compito di costituire le volumetrie. Il segreto della leggerezza, prima suggestione di questo filo che traccia lo spazio, è dato dalla fatica fisica di piegare la materia e dallo sforzo intellettuale di trovare l’equilibrio necessario affinché quel filo di metallo prenda vita nell’aria e trasformi il vuoto in massa. La descrizione fisica data dalla materia non è dunque funzionale alla riproduzione corporea, ma alla rappresentazione di ciò che il corpo ritratto ha volontà di fare ed essere: la contrazione muscolare per l’azione atletica, il gesticolare degli arti che sfogano un’emozione, l’espressività del volto impegnato a comunicare con il mondo. L’artificio, sorretto dall’armonia sottolissima delle forme appena disegnate nell’aria, sorprende anche per la puntualità della descrizione fisiognomica: ogni scultura deriva dallo studio dal vero di un modello reale, un’analisi profonda che scongiura un effetto di stolida isocefalia, così agevole in cui incappare data la tecnica così essenziale di Melappioni. Si potrebbe, in buona sostanza, definire questo modo di scolpire il metallo come una tecnica della sottrazione nella quale tutto ciò che è di materiale viene lasciato all’immaginazione dello spettatore mentre viene mostrata semplice espressività. Seguendo questo principio si giunge alla determinazione per cui la bellezza, anche da un punto di vista meramente materiale, non risiede nella carnalità di forme canonicamente definite piacevoli all’occhio, ma dall’armonia con cui quella carnalità si muove nello spazio circostante narrando di sé attraverso azioni ed emozioni e per questo colmandosi di grazia. Il lavoro presentato per questa mostra concentra la propria attenzione su modelli femminili, colti dalla tenera sensibilità di Bruno Melappioni per il quale la donna è naturalmente più portata all’alterità, alla soddisfazione di sé attraverso l’armonia con il mondo e, per questo, simbolo stesso dell’armonia.
Corpi di luce, corpi di vita. Di Elisa Cianfoni
Corpi di donna, leggeri, disegnati, eterei, svuotati dalla materia ma densi di significati, colmi di una sostanza visibile ma impalpabile: la luce. Le sculture disegnate di Melappioni sono costruite per contorno e non per sostanza, in una forma più prossima alla spontaneità di un bozzetto; si compone di luce per affrontare un percorso attraverso i quattro elementi naturali. Tutte le opere sono accomunate da un duplice filo continuo: l’uso della medesima tecnica (la modellazione di un fil di ferro) e lo studio del movimento attraverso il corpo femminile. Il percorso espositivo si inaugura con la Pensatrice, statica e meditativa, che induce alla riflessione intellettuale ribadendo il valore sacro della motivazione interiore, unica forza incontrastabile in grado di condurre ogni essere umano verso il raggiungimento di qualsiasi obiettivo. Il pensiero della donna conduce in seguito verso l’elemento più prossimo allo spirito: l’aria. Lo spazio ad esso dedicato è pervaso da una delicata luce gialla, che impalpabilmente attraversa il corpo della ginnasta agli Anelli, della ginnasta alla Trave e della Trapezista; la fatica fisica delle atlete è completamente celata e abilmente sopraffatta da uno spettacolare senso di leggerezza, d’agilità e di equilibrio. Si viene rapiti, successivamente, dal fascino provocato dall’elemento dell’energia, della forza, delle passioni: il fuoco, contraddistinto da una luce rosso accesa. Eija, la Ballerina e la ginnasta in Verticale sono donne vive, palpitanti, trepidanti non solo per lo sforzo fisico, ma soprattutto per la motivazione e per la passione che le muovono. Nel percorso verso la materia, si prosegue con l’acqua, elemento fluido e ingovernabile, emblema del divenire, protagonista dello spazio insieme alla luce azzurra. Immersa nel flusso del costante cambiamento è l’imperturbabile Nuotatrice; nell’Approdo, contrariamente, sembra uscirne fuori cercando di mantenersi in una condizione d’eterna giovinezza. Si giunge infine a toccar con mano l’elemento più concreto, palpabile, materico: la terra, espressa in uno dei suoi colori più caratterizzanti, il verde. In questa atmosfera terrena e boschiva, l’intrepida Amazzone accompagnata dal suo Cavallo domina con fierezza l’ambiente circostante. A raccogliere il senso finale dell’intera esposizione è un’ultima opera: Nausicaa, una donna che sembra schernirsi dietro un ramo che in realtà desidera, cerca, abbraccia; ella ha compreso come solo attraverso la comunione spirituale con la Natura è possibile raggiungere quello stato di grazia incantato proprio solo di chi vive in totale armonia con l’Universo. Il filo continuo non vuole essere una semplice mostra, ma un’esperienza, un racconto della visione della vita da una prospettiva insolita, che ci dimostra che la carne reale della quale siamo composti non è nient’altro che la Natura.