AUTO-nomie
A cura di: Luca Porqueddu e Tommaso Zijno | 4 settembre 2015 – 6 settembre 2015 | Fermo (centro storico)
Direttore generale: Daniele Casarola; Direttore artistico: Riccardo Franchellucci; Direttore Spazio/Officine Incontri: Lorenzo Carrino
STRIPE FESTIVAL è un progetto culturale che introduce le forme e le espressioni dell’arte contemporanea nei luoghi storici della città di Fermo; trasformando le cisterne romane, i chiostri, le piazze in “elementi attivi”, scenario di installazioni, conferenze, workshop e musica
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[AUTO-nomie}, progetto espositivo trasversale, nel quale opere d’arte e d’architettura ricercano nell’ autonomia espressiva la matrice comune dell’arte, costituisce il nucleo espositivo della manifestazione dialogando con il contesto storico e artistico della città di Fermo.
Accolte all’interno delle Grandi e delle Piccole Cisterne Romane, dell’Oratorio della chiesa di san Domenico, del cortile di Palazzo Azzolino, del chiostro dei Carmelitani e dell’ex chiesa di san Martino (attualmente centro congressi), le opere di 11 artisti e 10 architetti definiscono relazioni calibrate con il contesto ed inattese nel loro confronto reciproco.
L’esposizione [AUTO-nomie} trova articolazione in tre sezioni – Re(l)Azioni curata da Tommaso Zijno, dedicata all’arte – NOMOS curata da Luca Porqueddu, incentrata sull’architettura – Disordine scientifico, dedicata all’opera dell’artista Daniele Cudini.
Re(l)Azioni – Piccole Cisterne Romane, Oratorio di San Domenico, Chiesa di San Martino, Cortile di Palazzo Azzolino, Chiostro dei Carmelitani, Grandi Cisterne Romane – curatore Tommaso Zijno – Riprendendo il concetto di autonomie espressive, la mostra Re(l)Azioni, punta a costruire un cortocircuito, scaturito dall’incontro di ricerche artistiche individuali e divergenti, con gli spazi ospitanti, caratterizzati da una forte connotazione storico-artistica. Vengono così a crearsi delle reazioni che travalicano il principio di “autonomia”, per divenire un unico insieme autosufficiente e significante. Le opere di Francesco Amorosino, Alessandro Calizza, Danilo Cannone, Cristiano Carotti, Marco Ercoli, Cristiana Fasano, Michele Guidarini, Bruno Melappioni, Marco Milia, Marco Piantoni definiscono così una serie di relazioni calibrate con il contesto ed inattese nel loro confronto reciproco. Il tutto, diviso in 5 diverse Re(l)Azioni, ognuna legata ad un differente luogo, in cui gli artisti operano sovrapposizioni formali e semantiche tali da definirle univocamente.
NOMOS – Grandi Cisterne Romane, Oratorio di San Domenico – curatore Luca Porqueddu – All’interno della cultura contemporanea, caratterizzata dall’apparente assenza di principi normativi e determinanti, NOMOS riflette sul rapporto tra progetto e fondamento architettonico, attribuendo a questa relazione potenzialità significative e ri-significative dei luoghi. Interpretato come ordine preconcetto da imporre alla realtà, o come legge derivante dall’osservazione dei fenomeni esterni, il nomos alimenta la volontà di immanenza e la possibilità di trasformazione; stabilisce principi di stasi e moti legati all’alterazione. Riflettono accuratamente attorno alla natura e alla validità di tali declinazioni i lavori di Francesco Cianfarani, Filippo De Dominici, Massimo Dicecca, Bruna Dominici, KURMAK (Laura Fabriani, Sante Simone, Alessandro Zappaterreni), Giorgios Papaevangeliu, Margherita Pascucci, Luca Porqueddu, Gabriele Trövè, ULTRA Architettura (Emanuela Ortolani, Michela Romano, David Vecchi), i quali individuano una basilare natura programmatica dell’architettura, capace di potenziare e deformare la logica seriale e ripetitiva delle Grandi Cisterne Romane. Liberamente inserite nello spazio delimitato dalla cellula modulare di 6 x 9m, alla base della struttura spaziale e statica delle Cisterne, l’opera di ogni architetto costituisce un principio architettonico autonomo, sia nel modo in cui instaura relazioni con l’ambiente ospitante, sia nelle modalità che sceglie per interagire con l’individualità delle altre opere esposte. La riflessione sul NOMOS prosegue all’interno dell’Oratorio di San Domenico, dove gli stessi architetti utilizzano il disegno, strumento progettuale per eccellenza, per stabilire un dialogo a distanza tra prefigurazione e costruzione.